Università di Firenze e Cattolica, nuove cure per il tumore al rene

Modello anatomico di un rene

Tumore al rene, ancora poca consapevolezza tra gli italiani: lo studio promosso da Msd con le Università di Firenze e Cattolica

Negli ultimi anni il trattamento del tumore al rene ha conosciuto notevoli sviluppi, ma la consapevolezza tra gli italiani resta limitata. Molti pazienti, infatti, non sono informati sui benefici offerti dalla chirurgia robotica o sulle nuove opportunità terapeutiche come le terapie mirate e l’immunoterapia. Questo è quanto emerge da un’indagine realizzata dall’Istituto di Ricerca Piepoli, presentata in occasione dell’edizione 2025 della campagna “Fianco a fianco. Uniti contro il carcinoma renale”, promossa da Msd con il patrocinio della Società Italiana di Urologia (Siu) e dell’associazione di pazienti Anture.

Secondo i dati raccolti, il 46% degli intervistati individua nella chirurgia il trattamento principale per il tumore renale e solo il 33% menziona la chirurgia robotica come opzione possibile. Tuttavia, meno della metà riconosce i reali vantaggi di questo approccio innovativo. “La chirurgia rappresenta un approccio cruciale nel trattamento del tumore del rene e la nuova frontiera della chirurgia robotica offre opportunità senza precedenti migliorando i risultati chirurgici e riducendo i tempi di recupero per i pazienti”, sottolinea Andrea Minervini, professore ordinario di Urologia presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università degli Studi di Firenze e direttore della Sod di Urologia Oncologica mini-invasiva ed Andrologica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze. “È fondamentale che gli urologi, che sono gli specialisti di riferimento nella gestione della malattia operabile, siano adeguatamente formati e aggiornati sulle ultime innovazioni chirurgiche e terapeutiche per garantire ai pazienti il percorso di cura più efficace”.

Anche sul fronte delle terapie emergono significative lacune. Il 55% degli intervistati associa ancora il trattamento del carcinoma renale unicamente a chemioterapia e radioterapia, mentre solo il 26% menziona l’uso di farmaci. A fare chiarezza è Roberto Iacovelli, professore associato di Oncologia Medica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e oncologo medico dell’Uoc Oncologia Medica del Comprehensive Cancer Center della Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS di Roma. “In caso di tumore del rene metastatico è riconosciuto che i trattamenti chemioterapici e radioterapici tradizionali possono essere poco efficaci. Per questo motivo, gli oncologi si orientano verso terapie a bersaglio molecolare e immunoterapia, ormai consolidate nella pratica clinica”, spiega. “Grazie ai progressi della ricerca, oggi possiamo non solo curare il tumore nella sua fase avanzata ma anche prevenirne la recidiva andando ad identificare quei soggetti ad elevato rischio di sviluppare le metastasi dopo la chirurgia”, aggiunge. “Questi pazienti, se trattati con immunoterapia adiuvante, hanno una minor rischio di ricaduta e quindi possono sopravvivere più a lungo e liberi dal tumore”, conclude Iacovelli.