Università di Trieste, Ilaria Garofolo: “L’Ateneo resti un faro e una fucina di idee”

La Professoressa Ilaria Garofolo

Ilaria Garofolo candidata al rettorato dell’Università di Trieste: “Serve un’Università che stimoli il territorio e migliori il benessere interno”

Ilaria Garofolo è una delle due candidate al rettorato dell’Università di Trieste. Le votazioni per la scelta del nuovo rettore sono in programma il 6 maggio, con un eventuale ballottaggio fissato per il 13 maggio. Garofolo è docente di Architettura Tecnica presso il Dipartimento di Ingegneria e Architettura, che ha diretto dal 2017 al 2019. In passato ha anche guidato il Dipartimento di Progettazione Architettonica e Urbana dal 2002 al 2005. Ha ricoperto il ruolo di Delegata del Rettore per le Necessità didattiche speciali e Disabilità tra il 2015 e il 2017, e dal 2019 al 2024 è stata Collaboratrice del Rettore per l’Area Edilizia ed Energia.

Alla domanda su quale debba essere oggi il ruolo dell’Università, Garofolo risponde: “L’Università è sempre un motore di sviluppo e deve mantenere il ruolo di promotrice di innovazione, deve essere sempre anche una fucina delle idee, per stimolare il territorio. E soprattutto deve continuare ad essere un faro, un luogo in cui si riflette, si costruisce la persona, dove ci si continua a incontrare, è fondamentale, in un mondo sempre più virtuale. Dobbiamo mantenere saldi i nostri valori e con questi costruire le personalità e i profili di chi poi il mondo lo dovrà cambiare”.

Sul tema della carenza di professionisti, in particolare in Medicina, e sulla recente eliminazione del test di ingresso, Garofolo osserva: “In realtà non si è abolito il numero programmato. Eliminare test e posticipare la selezione in un secondo momento penso possa creare difficoltà quando si dovranno accogliere tanti studenti. La gestione di numero molto alto di ragazzi può diventare complesso. Una valida soluzione, per Medicina ma non solo, è quella adottata da altri Paesi: le selezioni si fanno prima, già negli ultimi anni delle scuole superiori. Gli studenti sono indirizzati anche alla luce di capacità, bravura e passione. Una preparazione più articolata, che inizi presto e consideri anche merito e attitudine”.

Riguardo al fenomeno dei laureati che perfezionano gli studi o cercano lavoro all’estero, Garofolo spiega: “Li prepariamo bene poi vanno all’estero semplicemente perché trovano condizioni migliori a livello remunerativo e anche perché i ragazzi di oggi li abbiamo convinti noi a girare e conoscere il mondo. In altri Paesi trovano spesso una mobilità nel lavoro che gratifica e che noi non abbiamo in Italia, almeno non ancora a determinati livelli. Trovano anche servizi migliori per la vita quotidiana. Dovremmo essere capaci di farli rimanere puntando su ciò che può fare la differenza: salario adeguato e qualità di vita diversa, penso alla mobilità, ma anche al supporto alla famiglia e alla genitorialità nell’ambiente di lavoro. Misure di welfare che in parte abbiamo ma che andrebbero ammodernate”.

Parlando del rapporto tra mondo accademico e realtà esterna, Garofolo sottolinea: “L’Università deve continuare a investire su ciò che è stato fatto finora e implementarlo. Abbiamo incontri tra aziende e studenti che funzionano molto bene, penso ad esempio a job@UniTS. In questi ultimi anni l’Università ha fatto un salto di qualità enorme nei confronti della città, si è fatta conoscere molto. Non guasterebbe allargare lo sguardo un po’ più in là. Bisognerebbe ampliare il raggio d’azione, più a Est, e non penso solo ai Paesi balcanici ma anche ad altri, europei, realtà di tutto rispetto. Senza dimenticare anche uno sguardo ad altre regioni italiane, dove il tessuto imprenditoriale è molto forte”.

Infine, sulle sue priorità in caso di elezione, afferma: “Mi piacerebbe migliorare la serenità delle persone che qui lavorano. Usciamo da un periodo difficile tra Covid e post Covid, e con il Pnrr che ha portato tante risorse ma anche la fatica per le procedure per impiegare i fondi. Credo sia importante mettere in campo anche risorse per gratificare il personale. Poi mi piacerebbe un’Università più internazionale che comprenda anche l’accoglienza di chi viene da fuori. Un’accoglienza di persone che arrivano da contesti difficili o diversi non può che far bene. All’Università e alla comunità”.