Decreto Telematiche: United critica le nuove regole sulla didattica a distanza

Studente universitario segue una lezione da casa

United, l’associazione delle Università digitali italiane, esprime perplessità sulle misure introdotte dal Decreto Telematiche, evidenziando i rischi di snaturamento della didattica digitale e di esclusione per molti studenti.

 “Il Decreto Telematiche rappresenta l’esito di un lungo dialogo istituzionale con il Ministro Bernini, l’unico, ad oggi, che ha affrontato in maniera concreta il tema della regolamentazione della didattica a distanza,” afferma Paolo Miccoli, Presidente di United, l’associazione delle Università italiane telematiche e digitali. Il Decreto disciplina l’erogazione della formazione a distanza per atenei privati e università digitali, ma secondo Miccoli le soluzioni proposte rischiano di modificare profondamente le caratteristiche fondamentali di queste istituzioni.

“Tra le misure previste, l’obbligo di svolgere una quota di attività didattica in modalità sincrona rappresenta un vincolo eccessivo, che non incrementa la qualità formativa ma limita l’accesso per studenti impossibilitati a partecipare a lezioni fissate in specifici giorni e orari,” prosegue Miccoli. Tale vincolo, infatti, potrebbe penalizzare chi necessita di flessibilità per poter studiare.

Miccoli evidenzia anche la reintroduzione di un rapporto minimo tra studenti e docenti, sottolineando che la qualità formativa delle università telematiche non è legata alla quantità dei docenti, ma alla loro competenza e capacità. “Inoltre, non comprendiamo l’obbligo di presenza per gli esami di profitto. Questa misura non è efficace nel contrastare eventuali comportamenti scorretti da parte degli studenti e ignora le tecnologie avanzate di controllo dell’autenticità e antiplagio, adottate anche da prestigiose università”.

Un altro punto critico, secondo il presidente di United, è la limitazione imposta sulle collaborazioni tra atenei telematici e non, che vincola l’erogazione dei corsi prevalentemente in presenza a condizioni specifiche. “Questa disposizione non tiene conto in maniera adeguata del panorama della ricerca italiana,” afferma Miccoli. Ulteriori perplessità emergono anche riguardo al divieto per gli atenei di richiedere l’accreditamento di nuovi corsi di studio qualora oltre un terzo dei corsi accreditati sia ancora in fase di raggiungimento degli obiettivi previsti. “Se l’università sta lavorando regolarmente su questi piani, il numero di corsi in fase di accreditamento diventa un dato irrilevante,” conclude Miccoli, che definisce il decreto un primo passo positivo, ma ancora incompleto.